mercoledì 12 ottobre 2022

Cervino (4478 m.s.l.m.) - via normale italiana per la Cresta del Leone

Alpi Pennine, Valle d'Aosta, Cervinia

Relazione attinente all'ascensione al Monte Cervino (4478 m.s.l.m.)  per la via normale italiana-Cresta del Leone, effettuata il 14 e 15 settembre 2020 da Toso, Marcello, Elenute & Nicola.

La sua fama ha largamente valicato i confini dell’interesse alpinistico:

 è certamente il monte più conosciuto dai profani. […] 

Se l’alpinista riesce a spogliare il Cervino della maschera 

di pubblicità e retorica che lo copre, 

ritroverà un monte vero, attraente, 

la cui storia merita di essere conosciuta e meditata…”

Gino Buscaini (Alpi Pennine II CAI-TCI, 299). 

[Su Alpinismo: 250 anni di storia e di cronache, 

I volume, “Dalla conquista del Monte Bianco all’epoca del sesto grado”, 

CAI, 2009, p. 55]




Premessa: 
La relazione qui descritta riguarda l'ascensione al Monte Cervino dalla Cresta del Leone (via Normale Italiana). La salita è strutturata su due giorni: il primo prevede la partenza da Cervinia e il pernotto alla Capanna Carrel (3835 m.s.l.m.), il secondo l'anabasi alla vetta e la discesa, per la stessa via di salita, fino a Cervinia. Si precisa che la soluzione qui proposta di affittare una e-bike per salire, il primo giorno fino al Rifugio dell'Oriondè (ex Duca degli Abruzzi) (2.800 m.s.l.m.) e, il secondo giorno, per scendere, stanchi e provati, comodamente senza camminare o pedalare fino a Cervinia, è da prendere in seria considerazione;

Dati Tecnici Ascensione:

Percorso automobilistico: Lasciare l'auto a Cervinia (Vedi ubicazione al termine di questo post), conviene parcheggiare nei posteggi liberi siti in via xxx. Da qui, con una decina di minuti attraverso il paesello di Cervinia, si arriva all'attacco della rotabile sterrata che conduce al Rifugio dell'Oriondè (ex Duca degli Abruzzi) 2.800 m.s.l.m. circa.

Quota di partenza: 2000 m.s.l.m. circa, paese di Cervinia;

Quota di arrivo: 4478 m.s.l.m., vetta del Monte Cervino;

Dislivello Complessivo: 2500 m. circa

Tempistica: Da Cervinia al Rifugio Oriondè ci vuole oltre un'ora a piedi (30 minuti con la e-bike);
Dal Rifugio Oriondè alla Capanna Carrel ci vogliono 4 ore circa;
Dalla Capanna Carrel alla vetta del Cervino ci vogliono 5 ore circa;
Dalla vetta del Cervino al Rifugio Oriondè ci vogliono 10 ore circa;
Attrezzatura: Normale dotazione alpinistica. Portare picca (basta una) e ramponi. Può tornare utile qualche friend, qualche rinvio, cordini, il necessario per fare le calate in doppia e per assicurare il primo di cordata. Per brevissimi periodi e con condizioni particolarmente favorevoli, per l'itinerario qui proposto, potrebbero non servire picca e ramponi (a noi è successo così);
Periodo Consigliato: Quello proposto nel presente post;
Difficoltà: D (III+ obbligatorio);
Segnavia: Non vi sono segnavia che indichino la salita in vetta al Cervino;
Acqua: L'ultimo punto di raccolta acqua si trova a quota 3.200 m.s.l.m. circa nei pressi del Sasso dello Zucchero;
Punti di Appoggio: Capanna Carrel (3.835 m.s.l.m.);
Esposizione: Prevalentemente Sud-Ovest;


Relazione:

Da Cervinia, per salire al Rifugio Oriondè, si segue la comoda sterrata che, senza alcuna difficoltà, nel volgere di un paio d'ore, porta alla meta. Noi abbiamo noleggiato l'e-bike in modo da salire più velocemente ed essere più comodi con la discesa, il giorno seguente.

In e-bike lungo la carrareccia che conduce al Rifugio Oriondè

Il costo del noleggio di una e-bike, per due giorni, è tutt'altro che economico, ma una seria valutazione costi-benefici, secondo me, va fatta. Mi sono chiesto anche se fosse etico salire sin là con una e-bike. Credo, alla fin fine, che lo sia. Per tutta una serie di ragioni. Non ultima, perché, come dice il mio amico Paolo di Timau "Anche se hai l'e-bike, se non pedali non sali."

Scorci incantevoli lungo la salita

Posteggiata la bici nei pressi del Rifugio dell'Oriondè, si imbocca l'evidente traccia di sentiero che risale in direzione del Cervino.


Si seguono le evidenti tracce di sentiero che coducono dapprima su una pietraia e poi ad imboccare un primo canalino che oppone un passo di arrampicata, agevolato da un cordino.

La pietraia che conduce al canalone



Il primo canalone

Il canalino visto dall'alto

Il passo d'arrampicata agevolato dal cordino

La salita prosegue su tracce di sentiero non sempre agevoli da individuare. Si supera una lapide (Sasso dello zucchero) dove, grazie al vicino nevaio, è possibile fermarsi a raccogliere un po' d'acqua. La salita, per placche, gande e pietraie  prosegue fino a quando s'imbocca un deciso traverso destrorso su sfasciumi molto instabili. Si tratta di 2-300 metri lineari molto delicati, privi di qualsiasi possibilità di protezione, che impongono passo sicuro e possibilmente celere, per evitare di incorrere in crolli e frane. Si giunge così al Colle del Leone (3.581 m.s.l.m.). Poco meno di 3 ore dal Rifugio dell'Oriondè.

La salita verso il Colle del Leone

 
Nei pressi del Sasso dello Zucchero

Ad Est spicca la piramide della Nord del Breithorn

Un momento della salita al Colle del Leone

Il traverso destrorso, molto instabile, che conduce
al Colle del Leone

Il tratto in traverso che conduce al Colle del Leone è una specie di cengia che si destreggia su pietraie instabili che rimangono ancorate al terreno sabbioso sfidando la forza di gravità. Sembra impossibile che si possa passare proprio da lì. Soprattutto, ripensando ai primi salitori, ci si chiede come possa essere venuta l'intuizione (ed il coraggio) di aprire un passaggio in un posto del genere. Mentre scendevo (perché la discesa passa, secondo la nostra relazione, dallo stesso percorso fatto in salita) ho pensato che questa potrebbe essere rinominata la cengia della morte, per questa condizione di aleatorietà e precarietà che la caratterizza.


La cengia
 

Una volta giunti al Colle del Leone, volgendo lo sguardo a Nord si vede il repulsivo colatoio ghiacciato che sbuca proprio sotto i nostri piedi. Si tratta del Canalone Mummery, da lui scalato nel 1880, quando non esistevano ramponi, piccozze e neppure viti da ghiaccio. Per salirci si intagliavano innumerevoli gradini con l'ascia da ghiaccio. Su questo canalone, durante la prima salita, il fortissimo Alexander Burgener (che accompagnava Mummery), a furia di spaccar ghiaccio per modellare gradini, ruppe per ben due volte il manico dell'ascia.


Nei pressi del Colle del Leone

 
A Nord s'intravede la meravigliosa piramide
della Dent Blanche

Il repulsivo Canlone Mummery che, dal versante
Nord conduce al Colle del Leone

Dal Colle del Leone si prosegue in direzione orientale affrontando le prime rocce della vera e propria parete del Cervino. Si supera il primo salto roccioso vincendolo sulla destra (faccia a monte) con un'arrampicata di I-II grado. Poi si prosegue su traccia di sentiero piuttosto evidente sino a raggiungere un avancorpo roccioso su cui spicca una bella fessura. L'arrampicata richiesta per superare questo tratto non è difficile, data l'abbondanza di appigli e la scarsa inclinazione della parete. 

La bella e facile placca fessurata


Si prosegue su traccia evidente fino a raggiungere, nel giro di pochi minuti, una bella placca dove spiccano dei cordoni. Si tratta della "placca Seiler", non presenta particolari difficoltà, soprattutto perché l'incedere è agevolato dalla presenza delle corde fisse. 

La placca Seiler



Al termine della placca ci si dirige verso un evidente diedro-camino dove un altro spezzone di corda consente di superare, agevolmente, la liscia parte terminale.

L'evidente diedro-camino

Usciti dal diedro-camino ci si trova davanti l'imponente "Cheminée", una sorta di diedro che inizia con una pendenza blanda e, mano a mano che sale, diventa sempre più ripido, con un'uscita leggermente strapiombante. La progressione è agevolata dalle corde fisse, ma questo è sicuramente il pezzo più difficile della scalata fatta fino a questo momento. Considerando che, a questo punto della giornata, ci potrebbe essere un po' di stanchezza e che gli zaini sono piuttosto pesanti, conviene affrontare questo tratto (20 m. circa) in sicurezza. Soprattutto, la parte finale, che richiede un po' di forza sulle braccia, potrebbe risultare faticosa.

La Cheminée

La parte finale de "La Cheminèe"




Usciti dal "Cheminée", si prosegue per salti rocciosi sulla sinistra (faccia a monte) per poi proseguire per tracce di sentiero che in pochi minuti conducono alla Capanna Carrel (3835 m.s.l.m.). Per arrivare qui, dal Rifugio dell'Oriondè, ci vogliono circa 4 ore e mezza. 

La Capanna Carrel


La Capanna Carrel è un rifugio un po' particolare. E' gestita dalle Guide Alpine di Cervinia e, per alloggiare qui, è necessaria la prenotazione. I posti letti sono contati e senza prenotazione non è consentito il pernotto. Non ci sono rifugisti nel senso classico del termine, ovvero non c'è nessuno che cucina o che serve da bere al bancone. C'è una guida alpina che controlla gli arrivi e le partenze e che assegna i posti letto, per il resto (mangiare, bere, ecc.) è necessario essere autonomi. Non cè acqua corrente e, ad essere fortunati, può capitare che la guida-gestore avanzi qualche birra da vendere. Come servizi igienici c'è una puzzolente latrina che si affaccia sul versante settentrionale. Non dovrebbe essere necessario portare il sacco a pelo in quanto dovrebbero esserci le coperte (quando siamo noi c'erano), ma conviene verifcare questa cosa al momento della prenotazione che, si ribadisce, è obbligatoria.



La sveglia e la partenza sono suggerite dalla guida-rifugista, ma è lasciato ampio margine discrezionale per ogni cordata. Gli alpinisti, in questo modo, possono regolarsi a seconda della propria velocità, capacità e conoscenza della montagna. Viene richiesta solamente una cosa: qualora si venisse raggiunti dalla cordata composta da guida-cliente, sarebbe opportuno lasciarla passare. Mi sembra ragionevole. Dovrebbe, anzi, valere per tutte le cordate più veloci che sopraggiungono su qualsiasi montagna.




Noi ci siamo alzati alle 03.30 e abbiamo iniziato a camminare alle 4. Subito dopo la Capanna Carrel ci si imbatte nel primo salto roccioso leggermente aggettante agevolato da una corda fissa. Si tratta della cosiddetta "Corda della Sveglia" e richiede un'uscita un po' decisa. 


La corda della sveglia

Vinto il tettino finale, si affronta una bella placca agevolata da un'altra corda fissa, si raggiunge un altro salto roccioso privo di difficoltà che immette nei pressi di una spaccatura, superata la quale si vedono le corde fisse che s'intrufolano in un camino che esce su una cengia a destra. Terminato il canapone proseguire per facili roccette in verticale, evitando di farsi indurre da evidenti tracce che, facilmente, conducono troppo verso destra. Le tracce che si vedono sono state fatte dagli alpinisti che, scendendo in corda doppia, in questo tratto fanno un percorso leggermente diverso da quello di salita. 

Subito dopo il camino è facile sbagliare e seguire
le evidenti tracce sulla cengia. Si deve ignorarle e 
salire sulle facili rocce di sinistra

Evitato di cadere nell'errore di andare a destra, quindi, si risalgono le balze rocciose sulla sinistra fino a raggiungere il filo di cresta che si segue, verso destra, fino a raggiungere e superare una bella placca appoggiata (Placconata Cretier) dove sono presenti alcuni ancoraggi per le calate.

La Placconata Cretier, si tratta di una placca di II


Si prosegue verso destra su percorso logico imboccando una specie di cengia pressoché orizzontale, esposta, che diviene sempre più stretta, fino a richiedere un passo delicato (Mauvais Pas). Lungo la cengia ci sono alcuni fittoni che consentono di proteggere la progressione. 

La cengia, esposta, verso destra che
conduce al Linceul 

Il Mauvais Pas

Continuando la progressione verso destra s'incontra, ben presto, un cavo metallico che sovrasta il nevaio chiamato "Linceul". Si prosegue con percorso abbastanza logico e comunque segnalato dal cavo fino a quando, sulla sinistra, s'imbocca un camino verticale attrezzato con catena. Siamo nei pressi de la "Grand Corde". Al termine del camino ci si ritrova sul filo di cresta. Il tratto della "Gran Corda" non presenta difficoltà superiori a quelle affrontate fino a quel momento. Arrivati sulla cresta, invece, la progressione diviene abbastanza logica ed intuitiva, basterà, infatti, seguirne il filo in salita per restare sulla corretta via. Le difficoltà diminuiscono, ora si affrontano passaggi di I e II grado, però le insidie aumentano. In primo luogo non ci sono più corde fisse o catene, si può trovare solo qualche fittone qua e là, che può tornare utile a proteggere la progressione in conserva e, inoltre, essendoci spostati sul versante settentrionale, non è raro trovare verglass, ghiaccio o neve. La progressione, quindi, richiede estrema cautela ed attenzione anche perché, l'esposizione non accenna a diminuire e la roccia del Cervino, come noto, non è esattamente stabile. 
Le difficoltà scemano, per un breve momento, solamente quando si arriva sul Pic Thindall (4241 m.s.l.m.). Da qui si vede benissimo la cosiddetta Testa del Cervino e tutta la parete che ancora manca da scalare per raggiungere la vetta.

La testa del Cervino vista dal Pic Thindall

Si prosegue per qualche metro in orizzontale, su cengia esposta, verso la Testa del Cervino. Si trova un salto roccioso, esposto, lungo circa 10 metri, da scendere . Vi è la possibilità di fare una calata in doppia, oppure si può scendere disarrampicando (II). Per proteggere la discesa, in quest'ultima scelta, occorre usare le protezioni veloci. 

La prima calata dal Pic Thindall
verso la Testa del Cervino


Si prosegue ancora per sfasciumi verso la testa del Cervino fino a quando si trova un'altra discesa di 5-7 metri, al termine della quale bisogna vincere una spaccata esposta ed insidiosa che dà, effettivamente, accesso alla Testa del Cervino. Questo tratto, che richiede massima attenzione, è denominato "Enjambée". Non ci sono corde fisse, canaponi o catene, qui si deve sapersi muovere su questo tipo di ambiente. Ci sono dei chiodi e degli spit che consentono di proteggere i vari passaggi. Non è raro, tuttavia, trovare questo tratto ghiacciato o innevato.

L'esposto Enjambée
Vinto l'esposto Enjambée, si procede per rocce più semplici, a tratti esposte, con percorso non articolato e non lineare, ma che, con un po' d'intuito, si riesce a decifrare agevolmente. Le difficoltà da vincere non sono mai superiori al II e si tratta di brevi salti di roccia che si alternano a cenge e tracce detritiche, a volte esposte.

I tratti esposti non mancano


Brevi salti rocciosi di II




Si giunge, così, alla base di una parete ove inizia una serie di corde fisse. Siamo al "Col Félicité". Da qui il percorso è decisamente più semplice da seguire rispetto a quello appena fatto, anche se le difficoltà tecniche aumentano, sebbene, nei tratti più impegnativi, ci siano sempre delle salvifiche corde fisse. 

Col Fèlicité

Tra tutti i tratti che dal Col Félicité ci separano alla vetta, quello più impegnativo resta, indubbiamente, la famosa Scala Jordan. Si tratta di una scala a pioli e canaponi che consente di vincere un tratto strapiombante. Richiede un po' di forza nelle braccia con passo atletico e deciso. Dopo la Jordan si supera una bella ed esposta placca in traverso a sinistra, anch'essa agevolata da una corda fissa. A questo punto, per raggiungere la vetta mancano ancora un paio di muri verticali e una facile, ma esposta cresta finale che conduce all'acme del Monte Cervino. 

In blu segnato il tratto finale della salita al Cervino.
Il punto rosso indica il Col Félicité.
La freccia gialla indicata la Scala Jordan

La placca in traverso sinistrorso dopo la Jordan



Discesa:

La discesa (così come l'abbiamo fatta noi e come è descritta in questa relazione) avviene per il medesimo percorso fatto in salita. Si tratta di una discesa impegnativa e mai banale, assolutamente da non sottovalutare, per tutta una serie di ragioni, come la stanchezza, l'esposizione, la scelta del tipo di progressione, il numero di calate in corda doppia. Dalla vetta all'Enjambée, tutto sommato, è abbastanza agevole. Tutti i tratti più ripidi (come la discesa dalla Scala Jordan) possono essere fatti in calata in corda doppia, gli altri disarrampicando. L'Enjambée risulterà più facile da fare al ritorno, infatti, sarà da salire il tratto esposto. Comunque da non sottovalutare perché un errore potrebbe essere fatale. Stessa cosa per il successivo salto che porta al Pic Thindall. Da qui in poi, invece, le cose cambiano. Tutta la cresta che dal Pic Thindal riconduce alla Gran Corda, a mio parere, è il tratto più delicato ed impegnativo della discesa. La possibilità di fare calate, sulla cresta, sono scarse e, spesso, occorre muoversi con passo sicuro, su grande esposizione, su roccia instabile. Occorre valutare bene il tipo di progressione da attuarsi. La conserva, infatti, il più delle volte sarà difficile da proteggere e, quindi, l'eventuale errore di uno potrebbe essere fatale per tutta la cordata. Noi, anche per questa ragione (ma anche perché rilegarsi dopo ogni calata diventava estremamente lungo), abbiamo optato per scendere slegati. L'esposizione è sempre tanta. Una volta raggiunta la Gran Corda, si fa una calata fino al Linceul e, da qui, il ritorno alla Capanna Carrel non presenta più particolari problemi, salvo un passo che richiede attenzione al Mauvais Pas (il passo malvagio, appunto). Dalla Capanna Carrel si scende ripercorrendo a ritroso il percorso fatto in salita. Valutare l'eventualità di fare calate in doppia nei tratti più ripidi come, ad esempio, sul "Cheminée". L'ultimo tratto che richiede attenzione è, ovviamente, l'instabile cengia della cresta del Leone.

L'insidiosa cengia da percorrere, in discesa,
 dopo il Colle del Leone

Alcuni momenti della discesa



Considerazioni finali:
L'ascensione al Cervino è il sogno di tutti gli alpinisti. Oltre a preparazione fisica e conoscenza dell'ambiente di alta montagna, occorre anche una buona dose di fortuna nel trovare le giuste condizioni della parete e un buon meteo. La preparazione della salita occupa una parte importante nel determinare il successo dall'impresa. Occorre raccogliere più informazioni possibili per capire le condizioni della parete, la presenza di ghiaccio e di neve, la stabilità di alcuni passaggi delicati,  eventuali crolli, le temperature, ecc. La presente relazione, auspico, possa tornare utile per affrontare la salita dal versante italiano, ma certamente non è da ritenersi esaustiva e va integrata con altri consigli, esperienze e notizie aggiornate.
Per quanto riguarda le mere difficoltà che s'incontrano durante la salita  occorre evidenziare che non devono essere sottovalutate. E' vero, i tratti duri sono tutti attrezzati con delle corde fisse e, di fatto, il grado di difficoltà su roccia difficilmente supera il III. Nonostante ciò, non si tratta di una ferrata. Ci sono moltissimi tratti (la maggior parte) in cui ci si muove in ambiente alpinistico, in conserva, con gli scarponi (e anche con i ramponi), in fortissima esposizione. Un banale errore potrebbe compromettere l'integrità dell'intera cordata. Occorre sapersi proteggere utilizzando protezioni veloci, occorre padroneggiare le manovre di corda per muoversi in sicurezza e non perdere del tempo prezioso. La discesa, inoltre, è sicuramente il momento più delicato e complesso dell'intera avventura. 



Riferimenti Bibliografici:
La bibliografia sul Cervino è vastissima, di seguito si riportano solamente alcuni riferimenti. Buoni punti di partenza per iniziare a conoscere il Cervino.
Testi:
Cervino, la montagna leggendaria, Hervé Barmasse, Rizzoli, 2021;
La storia dell'alpinismo, Gian Pier Motti, Priuli & Verlucca ed., 2013, pp. 96 e ss.;
Riviste:
Cervino, Meridiani Montagne n. 72;
Cartine:
Cervino, Mattherhorn, Breuil, Cervinia, Champoluc, Istituto Geografico Centrale, 1:25.000;






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