Il costo del noleggio di una e-bike, per due giorni, è tutt'altro
che economico, ma una seria valutazione costi-benefici, secondo me, va
fatta. Mi sono chiesto anche se fosse etico salire sin là con una
e-bike. Credo, alla fin fine, che lo sia. Per tutta una serie di
ragioni. Non ultima, perché, come dice il mio amico Paolo di Timau "Anche se hai l'e-bike, se non pedali non sali."
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Scorci incantevoli lungo la salita
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Posteggiata la bici nei pressi del Rifugio dell'Oriondè, si imbocca
l'evidente traccia di sentiero che risale in direzione del Cervino.
Si seguono le evidenti tracce di sentiero che coducono dapprima su una
pietraia e poi ad imboccare un primo canalino che oppone un passo di
arrampicata, agevolato da un cordino.
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La pietraia che conduce al canalone
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Il primo canalone
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Il canalino visto dall'alto
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Il passo d'arrampicata agevolato dal cordino
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La salita prosegue su tracce di sentiero non sempre agevoli da
individuare. Si supera una lapide (Sasso dello zucchero) dove, grazie al
vicino nevaio, è possibile fermarsi a raccogliere un po' d'acqua. La
salita, per placche, gande e pietraie prosegue fino a quando
s'imbocca un deciso traverso destrorso su sfasciumi molto instabili. Si
tratta di 2-300 metri lineari molto delicati, privi di qualsiasi
possibilità di protezione, che impongono passo sicuro e possibilmente
celere, per evitare di incorrere in crolli e frane. Si giunge così al
Colle del Leone (3.581 m.s.l.m.). Poco meno di 3 ore dal Rifugio
dell'Oriondè.
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La salita verso il Colle del Leone
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Nei pressi del Sasso dello Zucchero
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Ad Est spicca la piramide della Nord del Breithorn
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Un momento della salita al Colle del Leone
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Il traverso destrorso, molto instabile, che conduce al
Colle del Leone
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Il tratto in traverso che conduce al Colle del Leone è una specie di
cengia che si destreggia su pietraie instabili che rimangono ancorate al
terreno sabbioso sfidando la forza di gravità. Sembra impossibile che si
possa passare proprio da lì. Soprattutto, ripensando ai primi salitori,
ci si chiede come possa essere venuta l'intuizione (ed il coraggio) di
aprire un passaggio in un posto del genere. Mentre scendevo (perché la
discesa passa, secondo la nostra relazione, dallo stesso percorso fatto
in salita) ho pensato che questa potrebbe essere rinominata la
cengia della morte, per questa condizione di aleatorietà e
precarietà che la caratterizza.
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La cengia
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Una volta giunti al Colle del Leone, volgendo lo sguardo a Nord si vede
il repulsivo colatoio ghiacciato che sbuca proprio sotto i nostri piedi.
Si tratta del Canalone Mummery, da lui scalato nel 1880, quando non
esistevano ramponi, piccozze e neppure viti da ghiaccio. Per salirci si
intagliavano innumerevoli gradini con l'ascia da ghiaccio. Su questo
canalone, durante la prima salita, il fortissimo Alexander Burgener (che
accompagnava Mummery), a furia di spaccar ghiaccio per modellare
gradini, ruppe per ben due volte il manico dell'ascia.
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Nei pressi del Colle del Leone
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A Nord s'intravede la meravigliosa piramide della Dent
Blanche
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Il repulsivo Canlone Mummery che, dal versante Nord
conduce al Colle del Leone
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Dal Colle del Leone si prosegue in direzione orientale affrontando le
prime rocce della vera e propria parete del Cervino. Si supera il primo
salto roccioso vincendolo sulla destra (faccia a monte) con
un'arrampicata di I-II grado. Poi si prosegue su traccia di sentiero
piuttosto evidente sino a raggiungere un avancorpo roccioso su cui
spicca una bella fessura. L'arrampicata richiesta per superare questo
tratto non è difficile, data l'abbondanza di appigli e la scarsa
inclinazione della parete.
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La bella e facile placca fessurata
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Si prosegue su traccia evidente fino a raggiungere, nel giro di pochi
minuti, una bella placca dove spiccano dei cordoni. Si tratta della
"placca Seiler", non presenta particolari difficoltà, soprattutto perché
l'incedere è agevolato dalla presenza delle corde fisse.
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La placca Seiler
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Al termine della placca ci si dirige verso un evidente diedro-camino
dove un altro spezzone di corda consente di superare, agevolmente, la
liscia parte terminale.
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L'evidente diedro-camino
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Usciti dal diedro-camino ci si trova davanti l'imponente "Cheminée", una
sorta di diedro che inizia con una pendenza blanda e, mano a mano che
sale, diventa sempre più ripido, con un'uscita leggermente
strapiombante. La progressione è agevolata dalle corde fisse, ma questo
è sicuramente il pezzo più difficile della scalata fatta fino a questo
momento. Considerando che, a questo punto della giornata, ci potrebbe
essere un po' di stanchezza e che gli zaini sono piuttosto pesanti,
conviene affrontare questo tratto (20 m. circa) in sicurezza.
Soprattutto, la parte finale, che richiede un po' di forza sulle
braccia, potrebbe risultare faticosa.
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La Cheminée
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La parte finale de "La Cheminèe"
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Usciti dal "Cheminée", si prosegue per salti rocciosi sulla sinistra
(faccia a monte) per poi proseguire per tracce di sentiero che in pochi
minuti conducono alla Capanna Carrel (3835 m.s.l.m.). Per arrivare qui,
dal Rifugio dell'Oriondè, ci vogliono circa 4 ore e mezza.
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La Capanna Carrel
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La Capanna Carrel è un rifugio un po' particolare. E' gestita dalle
Guide Alpine di Cervinia e, per alloggiare qui, è necessaria la
prenotazione. I posti letti sono contati e senza prenotazione non è
consentito il pernotto. Non ci sono rifugisti nel senso classico del
termine, ovvero non c'è nessuno che cucina o che serve da bere al
bancone. C'è una guida alpina che controlla gli arrivi e le partenze e
che assegna i posti letto, per il resto (mangiare, bere, ecc.) è
necessario essere autonomi. Non cè acqua corrente e, ad essere
fortunati, può capitare che la guida-gestore avanzi qualche birra da
vendere. Come servizi igienici c'è una puzzolente latrina che si
affaccia sul versante settentrionale. Non dovrebbe essere necessario
portare il sacco a pelo in quanto dovrebbero esserci le coperte (quando
siamo noi c'erano), ma conviene verifcare questa cosa al momento della
prenotazione che, si ribadisce, è obbligatoria.
La sveglia e la partenza sono suggerite dalla guida-rifugista, ma è
lasciato ampio margine discrezionale per ogni cordata. Gli alpinisti, in
questo modo, possono regolarsi a seconda della propria velocità,
capacità e conoscenza della montagna. Viene richiesta solamente una
cosa: qualora si venisse raggiunti dalla cordata composta da
guida-cliente, sarebbe opportuno lasciarla passare. Mi sembra
ragionevole. Dovrebbe, anzi, valere per tutte le cordate più veloci che
sopraggiungono su qualsiasi montagna.
Noi ci siamo alzati alle 03.30 e abbiamo iniziato a camminare alle 4.
Subito dopo la Capanna Carrel ci si imbatte nel primo salto roccioso
leggermente aggettante agevolato da una corda fissa. Si tratta della
cosiddetta "Corda della Sveglia" e richiede un'uscita un po'
decisa.
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La corda della sveglia
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Vinto il tettino finale, si affronta una bella placca agevolata da
un'altra corda fissa, si raggiunge un altro salto roccioso privo di
difficoltà che immette nei pressi di una spaccatura, superata la quale
si vedono le corde fisse che s'intrufolano in un camino che esce su una
cengia a destra. Terminato il canapone proseguire per facili roccette in
verticale, evitando di farsi indurre da evidenti tracce che, facilmente,
conducono troppo verso destra. Le tracce che si vedono sono state fatte
dagli alpinisti che, scendendo in corda doppia, in questo tratto fanno
un percorso leggermente diverso da quello di salita.
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Subito dopo il camino è facile sbagliare e seguire le
evidenti tracce sulla cengia. Si deve ignorarle e salire
sulle facili rocce di sinistra
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Evitato di cadere nell'errore di andare a destra, quindi, si risalgono
le balze rocciose sulla sinistra fino a raggiungere il filo di cresta
che si segue, verso destra, fino a raggiungere e superare una bella
placca appoggiata (Placconata Cretier) dove sono presenti alcuni
ancoraggi per le calate.
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La Placconata Cretier, si tratta di una placca di II
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Si prosegue verso destra su percorso logico imboccando una specie di
cengia pressoché orizzontale, esposta, che diviene sempre più stretta,
fino a richiedere un passo delicato (Mauvais Pas). Lungo la cengia ci
sono alcuni fittoni che consentono di proteggere la progressione.
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La cengia, esposta, verso destra che conduce al
Linceul
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Il Mauvais Pas
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Continuando la progressione verso destra s'incontra, ben presto, un cavo
metallico che sovrasta il nevaio chiamato "Linceul". Si prosegue con
percorso abbastanza logico e comunque segnalato dal cavo fino a quando,
sulla sinistra, s'imbocca un camino verticale attrezzato con catena.
Siamo nei pressi de la "Grand Corde". Al termine del camino ci si
ritrova sul filo di cresta. Il tratto della "Gran Corda" non presenta
difficoltà superiori a quelle affrontate fino a quel momento. Arrivati
sulla cresta, invece, la progressione diviene abbastanza logica ed
intuitiva, basterà, infatti, seguirne il filo in salita per restare
sulla corretta via. Le difficoltà diminuiscono, ora si affrontano
passaggi di I e II grado, però le insidie aumentano. In primo luogo non
ci sono più corde fisse o catene, si può trovare solo qualche fittone
qua e là, che può tornare utile a proteggere la progressione in conserva
e, inoltre, essendoci spostati sul versante settentrionale, non è raro
trovare verglass, ghiaccio o neve. La progressione, quindi, richiede
estrema cautela ed attenzione anche perché, l'esposizione non accenna a
diminuire e la roccia del Cervino, come noto, non è esattamente
stabile.
Le difficoltà scemano, per un breve momento, solamente quando si arriva
sul Pic Thindall (4241 m.s.l.m.). Da qui si vede benissimo la cosiddetta
Testa del Cervino e tutta la parete che ancora manca da scalare per
raggiungere la vetta.
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La testa del Cervino vista dal Pic Thindall
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Si prosegue per qualche metro in orizzontale, su cengia esposta, verso
la Testa del Cervino. Si trova un salto roccioso, esposto, lungo circa
10 metri, da scendere . Vi è la possibilità di fare una calata in
doppia, oppure si può scendere disarrampicando (II). Per proteggere la
discesa, in quest'ultima scelta, occorre usare le protezioni
veloci.
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La prima calata dal Pic Thindall verso la Testa del
Cervino
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Si prosegue ancora per sfasciumi verso la testa del Cervino fino a
quando si trova un'altra discesa di 5-7 metri, al termine della quale
bisogna vincere una spaccata esposta ed insidiosa che dà,
effettivamente, accesso alla Testa del Cervino. Questo tratto, che
richiede massima attenzione, è denominato "Enjambée". Non ci sono corde
fisse, canaponi o catene, qui si deve sapersi muovere su questo tipo di
ambiente. Ci sono dei chiodi e degli spit che consentono di proteggere i
vari passaggi. Non è raro, tuttavia, trovare questo tratto ghiacciato o
innevato.
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L'esposto Enjambée
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Vinto l'esposto Enjambée, si procede per rocce più semplici, a tratti
esposte, con percorso non articolato e non lineare, ma che, con un po'
d'intuito, si riesce a decifrare agevolmente. Le difficoltà da vincere non
sono mai superiori al II e si tratta di brevi salti di roccia che si
alternano a cenge e tracce detritiche, a volte esposte.
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