Trekking di più giorni effettuato tra il 4 e il 7 agosto 2011 da: Toso, Clara, Laura, Luca e Patrizia
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In verde evidenziato parte del Trekking effettuato |
Premessa: Il trekking denominato Sentiero Roma, è un percorso molto famoso che si sviluppa sulle Alpi Retiche. In buona sostanza consente di mettere in comunicazione la Val Chiavenna con la Val Malenco e quindi di percorrere tutta la bassa Valtellina percorrendo sentieri che non scendono mai sotto i 2000 m.s.l.m. Si permane sempre a pochi passi dal confine con la Svizzera attraversando luoghi dallo spettacolo superbo che conducono sotto le grandi montagne lombarde quali Badile, Cengalo, Disgrazia. Le varianti di questo lungo percorso sono numerose e consentono di modificare l'ingaggio a piacimento a seconda dei giorni di cui si può disporre, delle località che si vogliono attraversare o delle condizioni meteo incontrate.
Quella di seguito descritta è una delle tante interpretazioni del percorso: la nostra!
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Il lago di Novate Mezzola visto dalla Val Codera. Sullo sfondo la sagoma del Monte Legnone contorna il paesaggio a meridione |
N.B. E' consigliato avere due macchine da lasciare nelle rispettive località di partenza e di arrivo. Si precisa che se si decide di fare il Sentiero Roma nella sua versione integrale (Novate Mezzola - Val Malenco) non ci sono vie di fuga e quindi bisogna arrivare fino alla fine. Se invece si lascia una delle due macchine in Val Masino, allora, dal secondo giorno di trekking, sarà sempre possibile abbandonare l'impresa. Male che vada si farà qualche chilometro su asfalto.
Posizionamento delle autovetture: In considerazione del fatto che Luca e Patrizia avrebbero abbandonato il Sentiero un giorno prima degli altri, abbiamo lasciato due macchine in Val Masino: una a S. Martino (nei pressi del campeggio Scoiattolo) e una a Filorera (vicino al centro polifunzionale). Infatti Luca e Patrizia sarebbero scesi dal Rifugio Allievi direttamente in Val di Mello e quindi a S.Martino, mentre noi saremmo arrivati fino al Rifugio Ponti e saremmo scesi per la Valle di Predarossa arrivando a Filorera. Poi , invece, le cose sono andate diversamente...
Con la terza macchina siamo quindi andati, tutti e cinque, alla partenza della Val Codera a Novate Mezzola;
Dislivello complessivo: 2880 m. (circa) in salita + 2130 m. (circa) in discesa
Tempistica: 4 giorni - Per l'itinerario di seguito descritto;
Attrezzatura: Oltre alla normale dotazione per un trekking di più giorni, si rende necessario portare imbrago e set da ferrata. A seconda della stagione potrebbero essere utili dei ramponcini leggeri da trekking, in quanto su alcuni passi potrebbe esserci neve. Noi non ne abbiamo trovata. Inoltre abbiamo portato uno spezzone di corda da 30 metri, che non abbiamo usato, ma che potrebbe togliere dagli impicci nel caso succeda qualche imprevisto sui passi esposti;
Periodo consigliato: Luglio - agosto. Informarsi sulla presenza o meno di neve residua;
Difficoltà: Dato l'ingaggio, il dislivello, la lunghezza nonché la presenza di alcuni passaggi un po' esposti ma protetti da catena, direi che la difficoltà dell'intero trekking è per Escursionisti Esperti (EE);
Spesa: Per ogni tappa, abbiamo deciso di cenare e dormire (con prima colazione) nei rifugi di seguito indicati. Per questo tipo di scelta si calcoli una cinquantina di euro al giorno. Nulla toglie che si possa optare per portarsi dietro tenda e fornello, con un notevole abbattimento dei costi;
Primo Giorno: Da Novate Mezzola al Rifugio Brasca attraverso la Val Codera
Itinerario automobilistico: Da Milano si percorre la statale 36 che porta a Lecco e Colico. Da Colico si prosegue sempre sulla SS 36 in direzione Chiavenna e dopo alcuni chilometri si arriva all'abitato di Novate Mezzola. Superata la stazione dei treni di Novate, dopo pochi metri si svolta a destra, imboccando una via in salita. Fare attenzione che il cartello che indica Val Codera è posizionato sulla sinistra della SS 36 poco prima della svolta a destra, inoltre la segnaletica è piuttosto sbiadita e poco leggibile. Si percorre la via in salita per circa un chilometro e si arriva in un parcheggio sterrato ove finisce la strada. Posteggio gratuito.
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In blu il tracciato del primo giorno |
Difficoltà: E;
Tempistica: Noi siamo partiti alle 12.00 e siamo arrivati alle 16.30 - Non siamo stati particolarmente veloci anche perché abbiamo fatto una sosta lunga per fare un bagno rinfrescante nel torrente.
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La partenza |
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L'abitato di Codera visto dal sentiero, qualche minuto prima di arrivarci |
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Mentre qualcuno fa il bagno... |
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... qualcun altro si diverte a fare boulder... |
Dopo una mezz'oretta riprendiamo la marcia. Il percorso, dopo il villaggio di Codera, di fatto non presenta mai pendenze troppo esagerate, anzi pare quasi un falso piano. Questo comporta certamente meno fatica, ma anche un maggiore sviluppo. La valle piano piano inizia a diventare più ampia, i boschi cedono il posto ai pascoli e sorge qualche abitazione qua e là. Per arrivare ad un gruppo di case si deve attraversare un ponte sospeso sul Codera. Il cartello è eloquente...
Il trekking procede. Poco prima delle 16.00 arriviamo alla piana di Bresciàdega (1214 m.s.l.m.). Il posto è spettacolare, bucolico e romantico, richiama un ambiente tipicamente dolomitico. Sulla destra lasciamo il Rifugio Bresciàdega, mentre lungo la strada incontriamo uno scalpellino e alcuni boscaioli. Patrizia commenta che il posto meriterebbe trascorrervi una settimana immersi nella lettura e nel relax. Condivido completamente il suo pensiero.
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Il pianoro di Bresciàdega - Spettacolo ameno |
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Il Rifugio Bresciàdega |
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Le severe pareti nord della Sfinge e del Ligoncio |
L'accogliente Rifugio Brasca |
Il Rifugio, collocato in un ambiente incantevole a quota 1304 m.s.l.m., è una struttura confortevole e bella. I gestori sono piacevoli ed accoglienti. Non incontriamo molti ospiti, cosicché possiamo avere una stanza tutta e solo per noi. Ci facciamo una doccia (a pagamento), ci riposiamo sul prato antistante e poi ceniamo. Prima di andare a letto facciamo 2 chiacchiere con i gestori: capiamo i disagi, le difficoltà ed i costi che ogni giorno devono affrontare. A noi escursionisti, il passaggio in questi luoghi procura solo il piacere ed il godimento della meraviglia della natura, la realtà però è diversa, è quella severa e dura della montagna.
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Funghi ad essiccare |
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Le grandi Nord al tramonto |

Secondo Giorno: Dal Rifugio Brasca (1304 m.) al Rifugio Gianetti (2534 m.) attraverso il Passo del Barbacan (2598 m.)
Dislivello: 1294 m. in salita e qualche decina di metri in discesa. Dal Barbacan alla Gianetti, pur essendo il tratto in sostanziale assenza di dislivello, c'è un buono sviluppo da percorrere;
Difficoltà: E+;
Tempistica: Noi siamo partiti alle 08.40 e siamo arrivati alle 13.45;
Relazione: La sveglia suona alle 06.00 ma purtroppo piove a dirotto. Decidiamo di dormire un'altra oretta.
Alle 08.40, dopo aver fatto colazione, approfittando di una pausa del maltempo, decidiamo di tentare la tappa fino al Rifugio Gianetti, nostra meta di questa seconda giornata del Sentiero Roma. I gestori del Brasca approvano la nostra decisione e ci danno qualche dritta sull'itinerario che dobbiamo percorrere. Seguiamo subito le indicazioni per l'Alpe Averta e il Passo del Barbacan. Il sentiero, fin da subito ripido, s'intrufola in un bosco di aghifoglie. Nonostante il tempo incerto, i luoghi che attraversiamo sono ricchi di fascino e di una bellezza che la pioggia e le brume rendono ancora più primordiale.
Alle 10.15 siamo all'Alpe Averta, un gruppo di manufatti un po' fatiscenti. Incontriamo alcuni Boy Scout che tra queste rovine hanno trascorso la notte e che ora s'apprestano a tornare in Val Codera. Da qui si possono ammirare degli scorci veramente notevoli.
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Il Pizzo di Prata avvolto dalle brume |
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In alto, sulla cresta, si distingue Punta Milano |
Foto artistica di Luca. Si noti sullo sfondo alcune baite in pietra dell'Alpe Averta |
Dall'Alpe proseguiamo la nostra camminata in direzione del Passo del Barbacan che ora è proprio ben visibile sopra di noi, in direzione sud/sud-est. Sembra proprio di poter avere il Passo a portata di mano ed invece mancano ancora 600 m. di dislivello, che sono molto più verticali rispetto a quanto fatto sin qui e, per giunta, su sentiero sassoso e ghiaioso. Non si arriva mai. Dopo circa un quarto d'ora da quando abbiamo lasciato alle spalle le baite dell'Averta, incontriamo un masso con una scritta rossa indicante il bivio tra il Passo del Barbacan (la nostra meta) e il Passo dell'Oro. Inizia anche a mandar giù qualche goccia d'acqua. Alle 11.50 arrivo, finalmente al Passo. Alle 12.05 siamo tutti al Barbacan e ci facciamo la meritata foto di rito.
Il colpo d'occhio che abbiamo dal Passo del Barbacan sull'anfiteatro della Val Porcellizzo è veramente meraviglioso. Nonostante le brume tendano ad occultarci soprattutto le grandi montagne di questa valle (Cengalo, Badile, Punta Sertori ecc.) è veramente sublime starsene qui a guardare in basso. Devo ammettere che, nonostante nella Val Porcellizzo ci sia stato un bel po' di volte, mai avevo avuto un angolo visuale così completo.
Alle 12.30 iniziamo a scendere lungo un delicato canalino sprovvisto di qualsivoglia protezione (tipo catene, cavi metallici ecc.) che ci porta, appunto, nell'anfiteatro della Val Porcellizzo. La discesa, che presenta un dislivello di poche decine di metri, l'affrontiamo con cautela ed oculatezza e in 15 minuti siamo alla fine del canale. Ora dobbiamo solo raggiungere il Rifugio Gianetti che, in condizioni di tempo buono da qui sarebbe visibile. Oggi invece proseguiamo semplicemente in direzione est, seguendo il sentiero ben segnato che, praticamente in piano, attraversando le gande ci porterà alla Gianetti.
Alle 13.45, senza particolari difficoltà e con la soddisfazione di aver evitato la pioggia che poche ore dopo cadrà abbondante, arriviamo dal nostro amico Mimmo, il gestore del bel Rifugio Gianetti.
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La Punta Sertori fa capolino tra le brume |
Il Rifugio Gianetti |
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Il tratto terminale del canalino di discesa dal Passo Barbacan |
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Attraverso le peculiari gande della Val Porcellizzo |
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Il Dente della Vecchia |
Terzo Giorno: Dal Rifugio Gianetti (2534 m.) al Rifugio Allievi (2385 m.) attraverso i seguenti Passi: Camerozzo (2765 m.), Qualido (2647 m.), Averta (2540 m.)
Dislivello: 580 m. in salita e 730 m. in discesa. C'è però un grande sviluppo e la presenza di ben 3 passi da superare, il primo dei quali presenta, in discesa dei passaggi esposti e delicati che per fortuna sono ben protetti da corde, catene e pioli metallici;
Difficoltà: EE (preferibilmente con preparazione e conoscenza di sentiero attrezzato) oggi si usano imbraco e set da ferrata;
Tempistica: Noi siamo partiti alle 08.00 e siamo arrivati alle 14.30;
Relazione: Dopo aver trascorso una piacevolissima serata e nottata al Rifugio Gianetti (in cui eravamo quasi solo noi), quando ci alziamo scopriamo che il tempo non è male. Nonostante sia piovuto praticamente tutta la notte. Peccato solo che Luca non stia benissimo.
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Il mattino ha l'oro in bocca |
Alle 08.00 iniziamo la traversata della Val Porcellizzo. Ogni tanto qualche squarcio tra le brume ci regala qualche scorcio incantevole sulle grandi vette.
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Punta Enrichetta |
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La Gianetti oramai è alle nostre spalle |
Alle 09.50 arriviamo al Passo del Camerozzo (2765 m.) senza grosse difficoltà: qualche catena e poca esposizione.
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Lo Spigolo Vinci del Cengalo |
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Toso e Laura immortalati dalla Bella Cecha |
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Nelle tre foto in evidenza alcuni passaggi attrezzati nei pressi del Passo del Camerozzo |
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Patrizia nei pressi del Passo. Alle sue spalle l'anfiteatro della Val Porcellizzo |
Dal Passo, la discesa che ci aspetta è decisamente più impegnativa. Le catene sono più numerose e l'esposizione aumenta. Nulla di trascendentale, intendiamoci, ma c'è sicuramente almeno un passaggio piuttosto delicato, in traverso, esposto...
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La Val del Ferro |
Alcuni passaggi sulla discesa che dal Passo del Camerozzo conduce alla Val del Ferro
Alle 11.00 arriviamo alla fine del tratto attrezzato. Devo rilevare che in questo pezzo di discesa siamo stati piuttosto lenti. Inoltre a me si è aperto uno scarpone... L'ho sistemato alla meno peggio con del nastro americano (che non deve mai mancare in uno zaino di un alpinista)... Speriamo che tenga fino alla fine del Trekking...
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Lo scarpone, rammendato, del Toso |
Abbiamo percorso quest'ultimo tratto insieme a due escursionisti valtellinesi che avevamo conosciuto ieri sera alla Gianetti. Per attraversare tutta la Val del Ferro (che è decisamente più piccola della Val Porcellizzo) impieghiamo circa un'ora. Alle 12.15 siamo al Passo del Qualido (2647 m.) La salita al passo non presenta problemi di sorta; Non ci sono tratti attrezzati ed è una semplice camminata.
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Il Bivacco Molteni Valsecchi posizionato nelle gande della Val del Ferro |
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La Bella Cecha affronta la salita che conduce al Passo del Qualido che si apre nell'evidente spaccatura |
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Foto di rito al Passo del Qualido |
La discesa dal Qualido oppone, invece, alcuni tratti attrezzati con catena. Si tratta di passaggi più suggestivi che difficili, i quali offrono delle ottime opportunità per delle belle foto.
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Primo tratto di discesa dal Qualido |
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Il tratto più suggestivo della Val Qualido |
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La peculiare placconata che caratterizza la Val Qualido |
La Val Qualido è ancora più piccola della precedente Val del Ferro e presenta una grande distesa di sfasciumi rocciosi. Da qui, con condizioni meteo ottimali, si può ammirare il Monte Disgrazia. Purtroppo a noi, tra una bruma e l'altra, si concede alla vista solamente qualche lingua glaciale di questa grande montagna.
In poco più di mezz'ora arriviamo al Passo dell'Averta (2540 m.). La salita, anche in questo caso, non frappone particolari ostacoli: una semplice camminata con qualche catena. Passaggi privi di esposizione.
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Il Passo dell'Averta dalla Val Qualido |
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Foro di rito al Passo dell'Averta |
La discesa nella Val di Zocca presenta qualche catena in più rispetto alla precedente discesa in Val Qualido. I passaggi sono un po' più delicati e un po' più esposti, anche se non paragonabili a quelli superati scendendo dal Camerozzo. La Val di Zocca è decisamente più ampia delle due appena attraversate. Direi che come grandezza e come aspetto richiama le gande della Porcellizzo.
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La Bella Cecha impegnata su uno dei passaggi più panoramici della Val di Zocca |
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I tratti attrezzati della discesa dal Passo dell'Averta |
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Ancora catene... |
Il tempo oramai sta peggiorando, ma ben presto s'intravede il Rifugio Allievi (2385 m.) che raggiungiamo alle 14.30. Luca non sta proprio benissimo e lo zaino pesante di sicuro non lo ha aiutato... Io e la Bella Cecha andiamo a lavarci nel freddo ed impetuoso torrente... Meno male che fuori piove.... Poi birra al Rifugio e ci resta anche il tempo per fare due ore di sonno prima di cenare.
Quarto Giorno: Dal Rifugio Allievi (2385 m.) al Campeggio Scoiattolo a San Martino di Val Masino (1000 m.) -Ritirata anticipata per maltempo
Dislivello: 1385 m in discesa;
Difficoltà: E;
Tempistica: Noi siamo partiti alle 09.30 e siamo arrivati alla macchina alle 13.00;
Relazione: Ci alziamo alle 07.00. Piove a dirotto. Facciamo colazione. Ci consultiamo, anche con i gestori del rifugio. Il parere è unanime: ritirata!! In pratica Luca e Patrizia oggi sarebbero comunque scesi in Val di Mello, mentre io, la B.C. e Laura saremmo dovuti andare fino al Rifugio Ponti. Dato il tempo e le previsioni, che mettono pioggia per tutto il giorno, anche noi tre decidiamo di seguire Luca e Patrizia.
Con l'amaro in bocca, alle 09.30 iniziamo la discesa verso la Val di Mello sotto una pioggia intermittente.
Nonostante l'inclemenza del tempo, la montagna sa come donarci la sua magia offrendoci degli scorci meravigliosi. Nel bosco avrò anche la fortuna di raccogliere un porcino e qualche mazza di tamburo. Alle 11.40 siamo in Val di Mello. La percorriamo tutta e alle 13.00 siamo al parcheggio del Camping "Lo Scoiattolo" poco sopra il paese di San Martino.
Andiamo a pranzare al Campeggio del Sasso Remenno.
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La decisione è presa: si scende! |
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Discesa sotto la pioggia |
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Torrenti in piena |
Considerazioni finali sul Sentiero Roma:
Resta ovviamente il rammarico per non essere riusciti a completare il giro come da progetto primordiale. Ma nasce, quindi, il proposito di ritornare per concludere quanto iniziato e, anzi, arrivare fino alla Val Malenco.
Resta il ricordo di 4 giorni stupendi ove abbiamo attraversato dei luoghi meravigliosi. In particolare (parlo per me) la Val Codera è stata una vera e propria sorpresa.
Resta il piacevole sapore di una simpatica compagnia che, pur assortita all'ultimo momento, ha saputo affrontare con tenacia e buon umore le, a dir il vero poche, difficoltà. Bravi tutti!
Bellissima relazione Toso :)
RispondiEliminaCiao, io vorrei far il sentiero integrale prossimamente, però in tenda. Mi sai dire se in tutte le tappe c'è la possibilità di piazzare la tenda?
RispondiEliminagrazie mille
Fabio
mi avete convinto......metto questa traversata in programma!
RispondiEliminaOttima scelta!
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