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lunedì 13 settembre 2010

PUNTA SERTORI (3195 m) - Via Marimonti

Salita effettuata il 28-29 agosto 2010 da Toso e Clara

"[..]le soste sono sacre, devono essere delle bombe, neanche un dubbio deve sfiorarti sulla loro solidità: io posso rischiare ma non è giusto far rischiare il compagno." [Rolando Larcher in Rolando Larcher e l'alpinismo sportivo, su Le Montagne Venete n. 1-2010 p.35]


Sabato 28 salita al rifugio Gianetti (2534 m.) con partenza dai Bagni del Masino alle 14.30. Giornata molto calda, ma con vento forte in quota. C'impieghiamo 3 ore per arrivare alla Gianetti.
Il Rifugio, come sempre, si rivela accogliente e gradevole (è uno dei pochi rifugi in cui ho trovato l'acqua calda!!!). Si mangia benissimo.
Essendoci domani la gara del Kima, il rifugio si rivela piuttosto affollato.
Dai discorsi alpinistici che aleggiano durante la piacevole serata, carpiamo che chi si è cimentato oggi nelle classiche arrampicate della zona, ha trovato non pochi problemi dovuti al forte vento.
Nottata abbastanza buona, almeno per me, per Clara un po' meno (probabilmente è l'ansia da prestazione).
Domenica 29, anche se un po' fredda, si preannuncia, meteorologicamente,  splendida. Il vento di ieri è cessato.
Partenza dal rifugio alle 07.00. Alle 08.00 siamo all'attacco. Alle 08.30 iniziamo ad arrampicare.

Dati Tecnici salita:
Avvicinamento (dal Riguigio Gianetti 2534 m.): 1 h. Si sale in direzione della cresta della Punta Sertori lasciando sulla sinistra il Badile e sulla destra Punta Enrichetta. Si trova qualche ometto lungo il percorso.
Attacco: La via inizia sul secondo camino che si incontra sulla sinistra. E' un camino abbastanza appoggiato che sale in direzione E-NE.
L'attacco della Via Marimonti. Il camino iniziale.

Tiri della via e tempistica: Stando alle varie relazioni, la via dovrebbe essere caratterizzata  da 12 tiri. Noi ne abbiamo fatti qualcuno in meno perchè abbiamo proceduto in conserva per qualche tratto. Dall'attacco alla cima abbiamo impiegato 5 ore, dalle 08.30 alle 13.30. Sicuramente si può fare di meglio... Noi non siamo stati velocissimi, in particolare abbiamo perso molto tempo al primo tiro (quasi un'ora) in quanto lo abbiamo diviso in due a causa del freddo alle mani e ai piedi che rendeva la progressione complicata.
Dislivello (in salita e discesa): 550 m. circa.

Relazione:

Primo Tiro: Si tratta di passaggi di IV°. Io mi sono incastrato dentro l'evidente fessura di destra e l'ho trovata particolarmente dura. Credo sia più facile riamanere all'esterno sulla sinistra della stessa (seguendo la linea rossa indicata nella foto). A metà tiro si trova un anello di calata (maglia rapida). L'ho usato per sostare e cercare di riscaldarmi mentre recuperavo Clara. Nel frattempo aspettavo che il sole cancellasse l'ombra e venisse a scaldarci. La ripartenza da questa sosta intermedia l'ho trovata durissima. Sono salito tenendomi sulla sinistra della stessa, incastrandomi (ancora una volta) nella fessura di sinistra. Credo sia molto più facile salire in aderenza sulla destra del cordino. Superato il balzo, le difficoltà scompaiono e ci si incammina dentro una stretta gola, fino ad arrivare alla sosta. 

Gli ultimi metri del primo tiro, dentro la stretta gola.

Secondo e Terzo tiro: Dalla sosta su chiodi, abbiamo iniziato la progressione in conserva media (15 metri). Alcune relazioni riportano che da questa prima sosta fino alla cresta, la via deve essere letta o interpretata. Effettivamente si trovano pochissimi chiodi (forse nessuno), ma devo dire che il percorso da seguire è abbastanza logico. Personalmente ho cercato di mantenere la direzione che portava in cresta, seguendo i percorsi più facili (da pionieri). I passaggi sono max III°, c'è qualche passo delicato per l'insidiosa presenza di erba, ma complessivamente la conserva è l'incedere più adatto (e se lo abbiamo fatto noi...)
Da notare che, erroneamente, avevo dato la relazione a Clara e che, ad un certo punto, nei pressi di un friend incastrato (ed imprendibile) decido di recuperarla per lo scambio di materiale e per verificare, sulla relazione, la nostra posizione. Quando Clara mi raggiunge, le chiedo la relazione e lei, che l'aveva accuratamente(?) riposta nella tasca dei pantaloni, si accorge di averla persa. Fantastico!!! Ci toccherà procedere ad occhio...
Comunque da questo friend abbiamo arrampicato su un facile muretto roccioso verticale che ci ha portato ad individuare il primo spit della via. Qui abbiamo fatto sosta e abbiamo ricominciato ad arrampicare per tiri, abbandonando la conserva.  

La prima sosta

Quarto Tiro: Dallo spit si arrampica su terreno facile (II° e III°) seguendo l'evidente cengia, larga e un po' esposta che conduce alla base della prima cuspide. La progressione è senza difficoltà, credo che si possa fare anche in conserva, noi abbiamo optato per una progressione diversa solo per ragioni di sicurezza. Si sosta sul primo spit che si trova. Il tiro è piuttosto lungo 45-50 metri, non ricordo di aver trovato chiodi, ma si riesce a proteggere agevolmente.
Il quarto tiro. E' evidente il percorso su cengia larga da seguire.

Quinto Tiro: Si risale quella che è la parete orientale della prima cuspide. Poco prima della metà del tiro si deve superare una zona fessurata che credo sia sul IV°. Si trova qualche chiodo e ci sono buone possibilità di proteggersi. Ancora una volta consiglio di superare le varie fessure restandone all'esterno. Si sosta su spit alla base di un largo camino appoggiato che risale tra la prima e la seconda cuspide. Anche questo quinto tiro è piuttosto lungo, circa 50 m.

Il largo camino che caratterizza il sesto tiro.

Sesto Tiro: Si risale interamente il largo ed evidete camino fino ad incontrare uno spit ove si sosta. Alcune relazioni gradano questo tiro addirittura IV°+. Personalmente l'ho trovato molto facile, direi sul III° con qualche passaggio di IV°. Attenzione: il tiro è piuttosto corto, 25-30 m. Si sosta sul primo ed unico spit che si incontra alla base della seconda cuspide. Dallo spit il tiro successivo prosegue verso destra, si vede un chiodo sporgere dalla parete occidenale della prima cuspide. Essendo abituato ai tiri lunghi sin qui fatti e forse anche per cercare di guadagnare tempo, ho creduto opportuo non sostare sullo spit, ma proseguire. E' stato un errore gravissimo! A causa dell'angolazione presa, la corda è diventata pesante, così, quando ho anche capito la difficoltà del tiro che mi aspettava, ho sostato sul vecchio chiodo incastrato sulla seconda cuspide. Come secondo ancoraggio ho usato un lungo cordino che ho incastrato alla meno peggio su un largo spuntone (?) lì vicino. Per far sì che il cordino restasse ben teso e soprattutto al suo posto (dato che mi sembrava volesse andarsene) ho fatto sì che Clara, con il suo peso, lo tenesse teso verso il basso. Insomma, è stata proprio una sosta molto precaria soprattutto considerando il fatto che il tiro seguente è quello chiave di tutta la via. 
Clara cerca di recuperare la precaria sosta attrezzata

Settimo Tiro: Questo è il tiro chiave di tutta la via. Se si parte (come si dovrebbe) dallo spit di sosta, ci si deve portare dapprima sulla destra in direzione dell'evidente chiodo poi, una volta rinviato, ci si porta a sinistra sporgendosi in totale esposizione e risalendo gli ultimi metri della seconda cuspide. A parte l'impressione che può produrre il vuoto alle spalle, la salita non presenta particolari difficoltà (alcune relazioni gradano V°, secondo me è un IV°+ in quanto c'è tutto sia per le mani che per i piedi.) Superato il muro verticale ed esposto si arriva in cima alla seconda cuspide. Qui l'esposizione è totale ed impressionanate, ma c'è un salvifico spit al quale rinviare (alcune relazioni consigliano di sostare su questo ancoraggio spezzando in tal modo questo tiro in due parti. Consiglio di usare lo spit solo per rinviare). Da qui si segue la cresta, dapprima in leggera discesa e poi in risalita. Il passaggio dal terrazzo sommitale della cuspide alla cresta comporta un movimento innaturale del corpo che deve essere letteralmente appeso nel vuoto sul versante orientale. Nel primo tratto di cresta le mani sono ottime, invece i piedi sono molto precari (quasi inesistenti, ma il mio giudizio lascia il tempo che trova vista la mia difficoltà ad usare i piedi.) Proseguendo, i piedi migliorano e gli appigli per le mani rimangono sempre molto buoni. Si sosta sul primo spit che si trova. Lungo la cresta sarebbe opportuno cercare di integrare, soprattutto pensando  alla progressione del secondo di cordata. Purtroppo, l'unica possibilità di proteggere è rappresentata dai cordini che però devono essere strozzati, altrimenti se ne vanno. Sinceramente non ho neppure provato ad integrare, il mio unico pensiero, su questo passaggio, è stato di  uscirne il più velocemente possibile e, auspicabilmente, indenne. Occorre che esprima una nota meritoria nei confronti di Clara che ha superato questo tiro in maniera brillante (come si suol dire, ad occhi chiusi...) Infatti qui, come su tutte le creste, non c'è differenza alcuna tra le difficoltà che devono essere superate dal primo e dal secondo di cordata. Brava Clara!!!
Clara sulla cima della seconda cuspide. Le difficoltà devono ancora iniziare.


Ottavo Tiro: Galvanizzati dallo spettacolare tiro appena fatto, si prosegue in direzione orientale, dapprima seguendo delle evideni fessure e successivamente affrontando una placca appoggiata e fessurata, ma un po' esposta. Si sosta su spit. Questo tiro non presenta particolari difficoltà e la placca è sicuramente più fotogenica che impegnativa.

La bella placca dell'ottavo tiro.

Nono Tiro: Si prosegue l'arrampicata su percorso logico, seguendo una larga cengia che conduce su un comodo spiazzo ove si trova lo spit di sosta. Il tiro è piuttosto lungo (50 m.) e offre ottime possibilità di protezione.
L'evidente cengia larga che caratterizza la nona lunghezza.

Clara impegnata nell'ultimo tratto del tiro.

Decimo Tiro: Si prosegue in arrampicata seguendo un canale\rampa caratterizzato da diverse fessure. Siamo praticamente sotto la vetta della Sertori e la direzione da seguire conduce verso E-NE. Poco sopra la sosta c'è uno spit (da utilizzare per il rinvio non per la sosta). Alcune relazioni gradano questa lunghezza III°, altre invece IV°+. Credo sia più attinente al vero una gradazione sul IV° superiore, infatti ho trovato alcuni passaggi delicati e anche Clara mi ha confermato l'impressione ricevuta. Sicuramente il tiro non oppone passaggi impossibili, ma secondo me è meglio non sottovalutarlo. Si sosta al termine della rampa, poco prima dell'inizio della parete verticale ed esposta che conduce in vetta.
La rampa del decimo tiro.

Undicesimo Tiro: Dalla sosta si prosegue verso la vetta della Sertori. Ci si deve portare a sinistra sulla parete esposta. Il passaggio che porta in piena parete (e quindi esposizione) è duretto, ma c'è la presenza di un chiodo con cordino annesso che permette di azzerare (sinceramente dopo dieci tiri e cinque ore in ballo, ho azzerato senza il minimo pentimento.) L'ultimo tratto di arrampicata non è mai banale, ma esteticamente è molto bello e ci sono parecchie possibilità di protezione (anche chiodi). Direi che il tiro è sul IV°. Lungo sui 35 m, conduce su ottima e panoramica sosta su due spit ai piedi della madonnina di vetta. Clara mi raggiunge poco dopo. Massima soddisfazione, anche se ci aspetta una lunga discesa.


L'ultimo tiro. La via, su roccia compatta e bella, segue la direttrice che conduce ai piedi della madonnina di vetta.


Clara sull'ultimo tiro.

Foto di rito sulla Vetta della Sertori (3195 m.)

Discesa: La discesa è molto delicata, soprattutto perchè, dalle relazioni lette e dai racconti sentiti da un alpinista la sera precedente alla Gianetti, sembra che le corde tendano ad incastrarsi. Pertanto le prime doppie le abbiamo fatte da 30 m. Direi che prima di andare sul sicuro e quindi arrischiarsi a fare doppie da 50 m è consigliabile fare 5-6 doppie corte. Noi, dalla cima, ci siamo calati ancorandoci ai due spit di fianco alla madonnina e scendendo in direzione sud-est. Con due doppie da 25-30 si arriva su un terrazzo. In direzione E (ovverso verso il Badile) si nota un ometto, subito dopo si trova l'ancoraggio per la calata successiva.  
L'ometto che, dopo le prime due calate, indica la direzione da seguire per la successiva discesa.

Si prosegue con le calate in doppia. Consiglio di farle corte fino a quando la parete non diventi priva di insidie. Nonostante ciò la corda tende ad incastrarsi, anche a noi è successo, ma districarle è stato abbastanza agevole.
Dopo circa 5 calate si arriva su un vasto pianoro ghiaioso. Ci si accorge subito che c'è ancora uno sbalzo da superare. Da qui si procede (slegati) in discesa in direzione dell'attacco della Sertori, dopo alcuni metri, sulla destra, dietro un grosso masso si trovano dei vecchi cordini su cui fare l'ultima doppia. Non sono facilmente indviduabili questi cordini di calata, quindi consiglio di prestare molta attenzione. Dall'ultima doppia,in mezz'ora si arriva al rifugio per la meritata birra!

Considerazioni finali: La via si sviluppa in ambiente selvaggio e spettacolare. I panorami che offre sono indimenticabile e mozzafiato. Certamente non si tratta di una via banale, neppure l'avvicinamento (che richiede due giorni oppure 4 ore) e nemmeno trovare l'attacco è così immediato (soprattutto se non si dispone di una relazione dettagliata). Per quanto attiene le difficoltà tecniche si può dire che è una arrampicata che oppone passaggi max di IV°+, ciò nonostante è intrisa di tutte le difficoltà di una via in ambiente (assenza di chiodi, difficoltà a trovare la via, necessaria conoscenza di tutte le tecniche di protezione, ecc.) Quindi una via lunga ed impegnativa di grandissima soddisfazione. Il passaggio più duro (quello che conduce sulla seconda cuspide) pur essendo piuttosto delicato, è ben protetto (anche se alcuni nostri amici contestano la presenza dello spit che, secondo loro, toglie quel sapore pionieristco alla scalata). Direi che una via di questo tipo può tranquillamente essere motivo di orgoglio, soprattutto se chi l'ha brillantemente superata ha da poco concluso il corso di alpinismo (leggasi Clara....)
Il Badile fotografato dalla cima della Sertori.

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