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martedì 25 febbraio 2020

Via Molteni al Pizzo Badile 3.308 m.s.l.m.

Relazione attinente all'arrampicata sulla via di roccia "Molteni" al Pizzo Badile effettuata in data 29 e 30 giugno 2019 da Toso e Fo + Dani e Cla



Ogni salita corrisponde a  una crescita.
[Marie-Madeleine Davy, La montagna e il suo simbolismo, 
su "Montagne 360", n.1/2020, p. 70]]


http://www.archivioteca.it/wp-content/uploads/2020/03/Molteni.pdf

Itinerario automobilistico: Da Morbegno salire ai Bagni di Masino (1172 m.s.l.m., vedi ubicazione al termine di questo post). Arrivati nei pressi della struttura alberghiera e termale dei Bagni di Masino posteggiare la macchina. Qui il parcheggio è a pagamento. In alternativa si può parcheggiare lungo la strada che porta ai Bagni, attenzione, però, a mettere la macchina interamente fuori dalla carreggiata. Dal parcheggio seguire le indicazioni per Rifugio Gianetti (2534 m.s.l.m.);



Avvicinamento: Per salire al rifugio Luigi Gianetti ci vogliono circa 2,5 ore su buon sentiero, ripido e segnato (qui scarica la traccia GPS fino al Rifugio). Dal Rifugio Gianetti all'attacco della via, ci vuole circa un'ora per 300 m circa di dislivello. Dalla Gianetti abbandonare subito il sentiero Roma che conduce al Rifugio Allievi e seguire la traccia che, passando tra gande e pietraie, conduce alla parete Sud-Est del Pizzo Badile. Puntare, semplicemente, verso l'attacco della via che, già dal Rifugio, si riesce a distinguere agevolmente;


L'attacco della via Molteni al Pizzo Badile

Dislivello di avvicinamento: 1.300 m. circa dai Bagni Masino al Rifugio Gianetti;

400 m. dal Rifugio all'attacco della via Molteni al Pizzo Badile;



Tempistica di avvicinamento: 3 ore dai Bagni al Rifugio;

1 ora dal Rifugio all'attacco;



Lunghezze: 11;



Dislivello in arrampicata: 350 m. circa;



Quota di partenza (avvicinamento): 1172 m.s.l.m. circa Bagni di Masino;

2534 il Rifugio Gianetti;



Quota di partenza (arrampicata): 2.900 m.s.l.m. circa;



Quota di arrivo: 3.308 m.s.l.m. vetta del Pizzo Badile;



Difficoltà: VI (oppure V+ e A0);


Soste: Di diverso tipo (a chiodi, a spit, da integrare);

Esposizione: Sud-Est;

Vie di fuga: Nessuna;

Tipo di roccia: Granito;

Materiale: Normale dotazione alpinistica per le vie di stampo classico, con tutto il necessario per integrare le protezioni esistenti;

Tempo di arrampicata: 5 ore;

Punti di appoggio: Rifugio Gianetti (2534 m.s.l.m.)

Discesa: In corda doppia da un versante diverso da quello di salita;

Attacco: Individuata la parete Sud-Est del Badile, l'attacco si trova alla destra di alcune evidenti fasce rocciose nere. Altro punto di riferimento da tenere in considerazione per individuare l'attacco è che questo si trova circa a metà tra la perpendicolare alla vetta della Punta Sertori e la perpendicolare alla vetta del Pizzo Badile. Infine, se si riesce a distinguere il tanto nominato "diedro a doppio scalino orizzontale", allora l'attacco si trova sotto a destra, in prossimità di un diedro gradinato;

Il famoso "diedro a doppio scalino orizzontale"
Il diedro gradinato d'attacco della via Molteni

Relazione:

Primo Tiro (III, 60 m.): Risalire i facili gradoni dell'evidente diedro, al suo termine tendere a sinistra per placche seguendo un percorso logico. S'incontra uno spit, rinviare e proseguire fino a fare sosta su una lama staccata. Cordoni;

Dopo l'iniziale diedro gradinato, la via prosegue
sulla sinistra

Secondo Tiro (IV, 60 m.): Dalla sosta si riesce ad individuare il caratteristico diedro a doppio gradino orizzontale che caratterizzerà l'intera seconda lunghezza. Quindi, si arrampica per un paio di metri in discesa fino ad imboccare il gradino superiore del diedro, lo si percorre tutto verso sinistra fino a quando si incontra un chiodo che protegge la salita alla cengia superiore, si prosegue verso sinistra fino alla sosta (su due spit) posta sotto un diedro verticale che rappresenterà la terza lunghezza;

Evidenziata la linea della seconda lunghezza
Il secondo tiro visto dalla seconda sosta
La Cla in azione sul secondo tiro



Terzo Tiro (V, 30 m.): Risalire il diedro che s'erge alla sinistra della sosta. Oppone difficoltà di V, ci sono dei chiodi e delle buone possibilità d'integrare. Conviene, inizialmente, arrampicare sulle rocce alla destra del diedro fessurato, per poi portarsi in pieno diedro dopo i primi metri. Vinta la parte più verticale, le difficoltà si abbattono e l'arrampicata prosegue su un diedro erboso più facile. Sosta su spit e chiodo;  

Il diedro del terzo tiro
La seconda parte del terzo tiro


Quarto Tiro (III, 45 m.): Camminare sulla cengia erbosa alla sinistra della sosta, al suo termine affrontare la parete con percorso non obbligato. Qui non ci sono difficoltà tecniche, i passaggi sono di III grado, ma è facile perdere la via. Un buon modo per orientarsi è tenere il "Bottone del Badile (un evidente bombè roccioso che si trova 30 m. più in alto) pochi metri alla propria destra. Tra le rocce erbose, facendo attenzione, si può trovare una sosta a chiodi (3) uniti da cordino. Anche nella molto probabile eventualità che la sosta non venga vista, si riesce ad attrezzarne una abbastanza agevolmente;

La cengia erbosa all'inizio del quarto tiro
La prima parte della quarta lunghezza vista dall'alto
Fo sul quarto tiro

Quinto Tiro (IV, 60 m.): Proseguire in leggera diagonale sinistra, avendo cura di lasciare a destra il bottone del Badile, arrampicando su placche (un po' erbose) che non oppongono mai passi troppo impegnativi. A 30 metri si potrebbe trovare una sosta a spit, valutare l'ipotesi di proseguire arrivando ad una cengia che sale verso sinistra. Sosta su chiodo e spit alla base di un diedro fessurato. Questa lunghezza e la precedente, pur non opponendo difficoltà tecniche, richiedono buona capacità di orientamento e di lettura della via;

La foto indica la linea di salita del quarto e del
quinto tiro. Lasciare il bottone del Badile sulla
destra. Il tratteggio rosso indica il punto di
riferimento della verticale dello spigolo sx
del bottone.

La sosta del quinto tiro, si noti la cengia sinistrorsa
Dani e Cla in azione sulla quinta lunghezza
Sesto Tiro (IV+, 30 m.): Arrampicare seguendo l'evidente diedro alla sinistra della sosta. Qualche passo di IV superiore e poi si arriva su una cengia detritica, si trova la sosta su due spit sulla sinistra, alla base di un bel diedro;

La parte finale della sesta lunghezza

Settimo Tiro (V, 30 m.): Risalire il diedro che s'erge alla sinistra della sosta. Passi di V, comunque ben proteggibili. Sosta al termine su spit e chiodo;

Il diedro che caratterizza la settima lunghezza


Ottavo Tiro (VI (oppure A0 e V), 30 m.): Alla sinistra della sosta, in netto traverso, si distinguono chiaramente i chiodi che segnano la via. Noi abbiamo avuto la fortuna di trovare delle corde fisse (nuove) che consentono di azzerare. Il traverso in libera oppone difficoltà di VI grado. Finito il traverso, si risale  un diedro faticoso, soprattutto nella sua parte iniziale (V), poi si arriva su comoda cengia e si risale un altro diedro, posto sulla sinistra, dove spiccano delle strapiombanti fessure aggettanti. Il tutto è ben ammanigliato, ben protetto, ma decisamente atletico.  Sosta su due spit;

La placca iniziale dell'ottava lunghezza
Il traverso di VI visto al termine delle corde fisse
Il faticoso diedro che caratterizza la seconda parte
dell'ottava lunghezza
Fo in azione sull'ottavo tiro

Nono Tiro (IV, 50 m.): Risalire la placca posta immediatamente sopra la sosta, sfruttando il diedro fessurato (anche per protezione veloci). Poi si arriva sul filo di cresta e si prosegue ad arrampicare su rocce esposte e divertenti. Protezioni veloci abbastanza agevoli. Sosta su due spit che s'incontra sulla prosecuzione logica dell'arrampicata in cresta;

La placca iniziale (con diedro fessurato) del nono tiro


La parte finale della nona lunghezza


Decimo Tiro (IV, 40 m.): Dalla sosta si distingue, in vetta, il giallo bivacco Redaelli. L'arrampicata richiesta per il tiro è logica, sul filo di cresta, oppone passi di IV, ben proteggibile. Ad un certo punto si dovrà scendere di un paio di metri, avendo cura di stare sempre sulla destra (faccia alla vetta del Badile), poco dopo la sosta su due spit;

Dalla sosta si distingue, in vetta, il giallo
bivacco Redaelli
L'arrampicata richiesta è logica e non supera il IV grado
Fo in arrivo alla decima sosta

Undicesimo Tiro (III, 30 m.): Galloppata di terzo, logica, sulla cresta fino al bivacco. Sosta su chiodo alle spalle del bivacco stesso;

Galloppata di III fino in vetta



Discesa: 
Dal bivacco, seguendo tracce di sentiero, si raggiunge la vetta vera e propria del Badile, dove si trova una piramide in lamiera. Da qui si distingue chiaramente, verso Sud, la traccia di sentiero in discesa della via normale. Imboccarla e scendere per diversi metri sino ad incontrare un anello cementato.
1^ Calata: Dall'anello cementato calarsi per circa 40 m., lungo il canale della normale, fino a raggiunger un altro anello cementato posto in prossimità di un evidente canale che scende sulla sinistra faccia a monte (Ovest). Guardando sulle rocce di sinistra che si affacciano sul canale ad Ovest, si trova una sosta a spit con catena. Utilizzare questa per calarsi;
2^ Calata: Dalla sosta a spit e catena calarsi nello stretto canale verso Ovest per circa 40 m. Fare attenzione, sosta a spit e catena sita circa a metà canale su una placca, quindi non scendere fino al termine del canale;

La seconda calata vista dalla terza sosta

3^ Calata: Da questa sosta a spit e catena, calarsi per altri 40 m. in direzione Sud (abbandonare, pertanto, il precedente canale che scendeva ad Ovest) fino ad incontrare una sosta a spit e catena. Prestare attenzione che la sosta è in mezzo alla parete di granito e si rischia di non vederla;

La terza calata nei pressi della quarta sosta


4^ Calata: Un'altra calata di circa 40 m. La sosta (a spit e catena) si trova nei pressi di una cengia erbosa;

5^ Calata: Ancora una calata di 40 m.

6^ Calata: Questa calata conduce fino al nevaio sottostante. Valutare le condizioni della neve e l'altezza della stessa per un'eventuale ulteriore calata attrezzando un cordino su spuntone.




Considerazioni finali: La via Molteni è una grande classica della parete Sud del Pizzo Badile. Come tutte le vie su questo gruppo montuoso, richiede una buona esperienza alpinistica per l'impegno generale che la salita oppone. Le difficoltà tecniche d'arrampicata, infatti, non sono particolarmente elevate (tant'è che, escludendo la "normale", questa dovrebbe essere una delle vie più facili alla vetta), ma il lungo avvicinamento, la presenza di un importante nevaio alla base, la complessità di una eventuale ritirata, le difficltà nel "leggere" le via, sono tutti elementi che impongono consapevolezza dei propri mezzi tecnici, della propria esperienza e dell'ambiente in cui ci si trova. La lunghezza chiave della via, l'ottava, al tempo della nostra ripetizione, presentava delle nuove corde che agevolavano il traverso. Se non ci fossero le corde, si consideri che l'arrampicata libera opposta è di VI grado. Con buona pace di tutte quelle relazioni che ritengono sia un V. Altro elemento da non sottovalutare è la discesa. Quella qui proposta si sviluppa lungo le soste attrezzate per calarsi in tempi relativamente recenti. Diversamente, si deve scendere dalla normale, con diverse calate, ma anche molti tratti di facile arrampicata in discesa. Nel complesso, una gran bella via, in ambiente d'alta montagna su una delle cime in cui sono state scritte pagine di grande alpinismo.

(Foto Fo)



Riferimenti Bibliografici:
Testi: M. Sertori, G. Lisignoli, Solo granito, p. 123, Versante Sud (2009);




http://www.archivioteca.it/wp-content/uploads/2020/03/Molteni.pdf

giovedì 14 luglio 2011

Dente della Vecchia - via Fiorelli

Valtellina (SO) - Valmasino - Gruppo Masino Bregaglia - Alpi Retiche

Salita effettuata il 27-28 giugno 2011 da Gm e Luca - Toso e Clara


La via Fiorelli al Dente della Vecchia






















Dati tecnici salita:


Itinerario automobilistico: Dalla strada statale 38, che da Colico conduce a Sondrio, pochi chilometri dopo Talamona, dopo aver superato il ponte sul Masino nei pressi di Ardenno, svoltare a sinistra in direzione Valmasino. Risalire la strada fino ai Bagni del Masino (circa 18 km), ove termina la strada asfaltata. Solitamente si può parcheggiare nel posteggio dei Bagni pagando una cifra che dovrebbe essere di 5 euro al giorno. A noi è capitato che, a causa di un matrimonio che avrebbe occupato tutti i posteggi, l'accesso al parcheggio fosse interdetto. Così abbiamo dovuto lasciare la macchina lungo la strada asfaltata. Attenzione: La vettura deve essere lasciata  interamente al di fuori della carreggiata; passano spesso gli agenti della Polizia Locale!

Avvicinamento: Tre ore fino al Rifugio Gianetti (2534 m.). Il sentiero che dai Bagni del Masino (1172 m.) conduce alla Gianetti è indicato con un'ottima cartellonistica; impossibile sbagliare! Dal Rifugio all'attacco della via Fiorelli al Dente della Vecchia ci si impiega circa 45 minuti. Inizialmente si segue il sentiero segnato che porta al Rifugio Omio, dopo pochi metri lo si abbandona dirigendosi a vista verso la rampa iniziale della via.


Dislivello di avvicinamento: 1362 m. circa (dai Bagni del Masino al Rifugio Gianetti)

Lunghezze: 4 tiri;

Dislivello in arrampicata: 150 m. circa;


Difficoltà: VI°;


Soste: Attrezzate a spit;


Esposizione: sud-ovest (primo tiro) e sud-est (il resto della via);


Tipo di roccia: Granito;


Materiale: Normale dotazione alpinistica per arrampicata in ambiente. Molto utile set completo di friends. Due mezze corde.


Tempo di arrampicata: 1 ora e mezza dalla base alla cima, poi 3 doppie.

Discesa: Dalla via di salita con tre doppie


Relazione: L'idea iniziale era quella di andare a fare la via Molteni al Badile, ma quando ci siamo svegliati, alle 6 del mattino, un vento freddo e delle nubi inquietanti che coprivano quasi interamente il Badile ci hanno indotto a restare in rifugio. Siamo stati gli unici alpinisti che quella mattina sono rimasti fermi, gli altri, più temerari, hanno comunque tentato di affrontare la via che si erano proposti. Effettivamente nel volgere di poche ore il vento si è un po' chetato e il sole ha avuto la meglio sulle nuvole, dando di fatto ragione a chi ha saputo osare. Quindi, dopo essere andati a vedere ove inizia la Molteni (il che ci potrà tornare utile in futuro), decidiamo di andare a farci il Dente della Vecchia salendo lungo la via Fiorelli. Ora la giornata è splendida. In poco più di mezz'ora di avvicinamento, dal rifugiuo, siamo alla base. Sono le 13.00.


La prima lunghezza della via. L'attacco può avvenire
indifferentemente dalla fine della neve o dal primo salto roccioso.

Prima Lunghezza (45 m. IV°):  Si può decidere di salire direttamente dalla fine del nevaio (o sassaia se in stagione avanzata) oppure risalire i pochi metri del primo balzo roccioso, posizionarsi sulla comoda cengia e affrontare il diedro iniziale da qui. Noi abbiamo optato per questa opzione anche perchè avendo lasciato zaini e scarpe alla base della parete era preferibile che fossero in luogo asciutto e non su nevaio. Su questa prima lunghezza ci sono 2-3 spit. L'arrampicata è sostanzialmente una facile progressione su placca molto ben lavorata. Si riesce a proteggere molto bene utilizzando qualche friend e qualche nut. Il tiro è veramente bello! Si arriva su sosta attrezzata a spit che si trova proprio in cima al diedro.

Luca in arrampicata sta per arrivare al termine del primo tiro.
Seconda Lunghezza ( V°, 30 m.): Dalla sosta si prosegue a destra sulla cengia. Dopo circa 5-6 metri si trova uno spit. Questo è visibile, prestando attenzione, anche dalla sosta. Rinviato su questo spit si rimonta il muretto verticale, ci si sposta ancora a destra seguendo un diedro e si trova un altro spit. Si prosegue arrampicando su roccia buona e nel volgere di pochi metri si arriva in sosta all'inizio di un lungo diedro.
Attenzione: Dalla prima sosta NON salire verticalmente lungo lo spigolo, anche se sono visibili degli spit, in quanto la via, come descritto sopra, si sposta una decina di metri a destra seguendo l'evidente cengia.

Gm risale lo spigolo sopra la prima sosta, ma non è la giusta direzione.
 La via, invece, prosegue a destra sulla cengia.


Clara sugli ultimi metri del secondo tiro.

























Terza Lunghezza (40 m, VI°): E' il tiro chiave. Si sviluppa interamente lungo il diedro-camino. C'è qualche spit  e qualche possibilità di proteggere con friends e cordini, ma il grado non si azzera praticamente mai e, data la conformazione del tiro e la distanza dalle protezioni, direi che cadere è decisamente una pessima idea... Quindi prestare attenzione!  D'altro canto il tiro è splendido, e consente di progredire con un'arrampicata divertente su roccia ottima con spaccate, opposizioni e mani quasi sempre buone. In particolare ho trovato molto bella l'uscita del tiro in quanto, dopo 40 metri di diedro ci si sposta a sinistra e progredendo su un aereo spigolo ben appigliato si arriva alla sosta su spit.



Il Toso sul terzo tiro

























Clara in uscita sullo spigolo finale della terza lunghezza




















Quarta Lunghezza (V°, 20 metri): La via prosegue, logica, verticale fino in vetta. Anche se giunti alla fine del diedro le difficoltà paiono finite, quest'ultima lunghezza non è assolutamente da sottovalutare. La progressione è su placca ben lavorata che richiede un oculato e sapiente utilizzo di mani e piedi. Due, tre spit in tutta la lungezza sono le uniche protezioni. Si riesce ad integrare ma con parsimonia.... Il passo chiave, direi sul V°+ (azzerabile) è prorpio al cambio di pendenza tra la placca appoggiata iniziale e il muretto che porta in vetta. Se non si tira il rinvio inserito nel provvidenziale chiodo, il movimento da fare è molto bello...
Brava (senza B) Clara che, con un piccolo ed innocente inganno, si è fumata la lungezza da prima credendo fosse solo un III°.


Clara e Luca (entrambi da primi) sull'ultima lunghezza
Foto di rito in vetta
Discesa: Lungo la via di salita, con tre doppie (da 60 m.); in pratica si saltano la penultima e la seconda sosta.

A sinistra il Dente della Vecchia, al centro Punta Torelli e a destra il Badile
Considerazioni finali: La via è veramente bella, incastonata in un ambiente spettacolare quale quello del granito delle grandi vette del Masino (Cengalo, Badile, Punta Sertori ecc.). L'arrampicata non è mai banale e nonostante la presenza di alcuni spit direi che è una via di ambiente (addomesticato); per intenderci, la chiodatura richiama un po' le vie classiche della Grigna. Direi, però, che forse non vale la pena farsi oltre tre ore di avvicinamento + notte alla Gianetti per fare (solo) questa via. Credo di poter dire che è una via di ripiego.  Certamente un bellissimo ripiego, ma pur sempre tale.
L'incanto della Val Masino.


lunedì 13 settembre 2010

PUNTA SERTORI (3195 m) - Via Marimonti

Salita effettuata il 28-29 agosto 2010 da Toso e Clara

"[..]le soste sono sacre, devono essere delle bombe, neanche un dubbio deve sfiorarti sulla loro solidità: io posso rischiare ma non è giusto far rischiare il compagno." [Rolando Larcher in Rolando Larcher e l'alpinismo sportivo, su Le Montagne Venete n. 1-2010 p.35]


Sabato 28 salita al rifugio Gianetti (2534 m.) con partenza dai Bagni del Masino alle 14.30. Giornata molto calda, ma con vento forte in quota. C'impieghiamo 3 ore per arrivare alla Gianetti.
Il Rifugio, come sempre, si rivela accogliente e gradevole (è uno dei pochi rifugi in cui ho trovato l'acqua calda!!!). Si mangia benissimo.
Essendoci domani la gara del Kima, il rifugio si rivela piuttosto affollato.
Dai discorsi alpinistici che aleggiano durante la piacevole serata, carpiamo che chi si è cimentato oggi nelle classiche arrampicate della zona, ha trovato non pochi problemi dovuti al forte vento.
Nottata abbastanza buona, almeno per me, per Clara un po' meno (probabilmente è l'ansia da prestazione).
Domenica 29, anche se un po' fredda, si preannuncia, meteorologicamente,  splendida. Il vento di ieri è cessato.
Partenza dal rifugio alle 07.00. Alle 08.00 siamo all'attacco. Alle 08.30 iniziamo ad arrampicare.

Dati Tecnici salita:
Avvicinamento (dal Riguigio Gianetti 2534 m.): 1 h. Si sale in direzione della cresta della Punta Sertori lasciando sulla sinistra il Badile e sulla destra Punta Enrichetta. Si trova qualche ometto lungo il percorso.
Attacco: La via inizia sul secondo camino che si incontra sulla sinistra. E' un camino abbastanza appoggiato che sale in direzione E-NE.
L'attacco della Via Marimonti. Il camino iniziale.

Tiri della via e tempistica: Stando alle varie relazioni, la via dovrebbe essere caratterizzata  da 12 tiri. Noi ne abbiamo fatti qualcuno in meno perchè abbiamo proceduto in conserva per qualche tratto. Dall'attacco alla cima abbiamo impiegato 5 ore, dalle 08.30 alle 13.30. Sicuramente si può fare di meglio... Noi non siamo stati velocissimi, in particolare abbiamo perso molto tempo al primo tiro (quasi un'ora) in quanto lo abbiamo diviso in due a causa del freddo alle mani e ai piedi che rendeva la progressione complicata.
Dislivello (in salita e discesa): 550 m. circa.

Relazione:

Primo Tiro: Si tratta di passaggi di IV°. Io mi sono incastrato dentro l'evidente fessura di destra e l'ho trovata particolarmente dura. Credo sia più facile riamanere all'esterno sulla sinistra della stessa (seguendo la linea rossa indicata nella foto). A metà tiro si trova un anello di calata (maglia rapida). L'ho usato per sostare e cercare di riscaldarmi mentre recuperavo Clara. Nel frattempo aspettavo che il sole cancellasse l'ombra e venisse a scaldarci. La ripartenza da questa sosta intermedia l'ho trovata durissima. Sono salito tenendomi sulla sinistra della stessa, incastrandomi (ancora una volta) nella fessura di sinistra. Credo sia molto più facile salire in aderenza sulla destra del cordino. Superato il balzo, le difficoltà scompaiono e ci si incammina dentro una stretta gola, fino ad arrivare alla sosta. 

Gli ultimi metri del primo tiro, dentro la stretta gola.

Secondo e Terzo tiro: Dalla sosta su chiodi, abbiamo iniziato la progressione in conserva media (15 metri). Alcune relazioni riportano che da questa prima sosta fino alla cresta, la via deve essere letta o interpretata. Effettivamente si trovano pochissimi chiodi (forse nessuno), ma devo dire che il percorso da seguire è abbastanza logico. Personalmente ho cercato di mantenere la direzione che portava in cresta, seguendo i percorsi più facili (da pionieri). I passaggi sono max III°, c'è qualche passo delicato per l'insidiosa presenza di erba, ma complessivamente la conserva è l'incedere più adatto (e se lo abbiamo fatto noi...)
Da notare che, erroneamente, avevo dato la relazione a Clara e che, ad un certo punto, nei pressi di un friend incastrato (ed imprendibile) decido di recuperarla per lo scambio di materiale e per verificare, sulla relazione, la nostra posizione. Quando Clara mi raggiunge, le chiedo la relazione e lei, che l'aveva accuratamente(?) riposta nella tasca dei pantaloni, si accorge di averla persa. Fantastico!!! Ci toccherà procedere ad occhio...
Comunque da questo friend abbiamo arrampicato su un facile muretto roccioso verticale che ci ha portato ad individuare il primo spit della via. Qui abbiamo fatto sosta e abbiamo ricominciato ad arrampicare per tiri, abbandonando la conserva.  

La prima sosta

Quarto Tiro: Dallo spit si arrampica su terreno facile (II° e III°) seguendo l'evidente cengia, larga e un po' esposta che conduce alla base della prima cuspide. La progressione è senza difficoltà, credo che si possa fare anche in conserva, noi abbiamo optato per una progressione diversa solo per ragioni di sicurezza. Si sosta sul primo spit che si trova. Il tiro è piuttosto lungo 45-50 metri, non ricordo di aver trovato chiodi, ma si riesce a proteggere agevolmente.
Il quarto tiro. E' evidente il percorso su cengia larga da seguire.

Quinto Tiro: Si risale quella che è la parete orientale della prima cuspide. Poco prima della metà del tiro si deve superare una zona fessurata che credo sia sul IV°. Si trova qualche chiodo e ci sono buone possibilità di proteggersi. Ancora una volta consiglio di superare le varie fessure restandone all'esterno. Si sosta su spit alla base di un largo camino appoggiato che risale tra la prima e la seconda cuspide. Anche questo quinto tiro è piuttosto lungo, circa 50 m.

Il largo camino che caratterizza il sesto tiro.

Sesto Tiro: Si risale interamente il largo ed evidete camino fino ad incontrare uno spit ove si sosta. Alcune relazioni gradano questo tiro addirittura IV°+. Personalmente l'ho trovato molto facile, direi sul III° con qualche passaggio di IV°. Attenzione: il tiro è piuttosto corto, 25-30 m. Si sosta sul primo ed unico spit che si incontra alla base della seconda cuspide. Dallo spit il tiro successivo prosegue verso destra, si vede un chiodo sporgere dalla parete occidenale della prima cuspide. Essendo abituato ai tiri lunghi sin qui fatti e forse anche per cercare di guadagnare tempo, ho creduto opportuo non sostare sullo spit, ma proseguire. E' stato un errore gravissimo! A causa dell'angolazione presa, la corda è diventata pesante, così, quando ho anche capito la difficoltà del tiro che mi aspettava, ho sostato sul vecchio chiodo incastrato sulla seconda cuspide. Come secondo ancoraggio ho usato un lungo cordino che ho incastrato alla meno peggio su un largo spuntone (?) lì vicino. Per far sì che il cordino restasse ben teso e soprattutto al suo posto (dato che mi sembrava volesse andarsene) ho fatto sì che Clara, con il suo peso, lo tenesse teso verso il basso. Insomma, è stata proprio una sosta molto precaria soprattutto considerando il fatto che il tiro seguente è quello chiave di tutta la via. 
Clara cerca di recuperare la precaria sosta attrezzata

Settimo Tiro: Questo è il tiro chiave di tutta la via. Se si parte (come si dovrebbe) dallo spit di sosta, ci si deve portare dapprima sulla destra in direzione dell'evidente chiodo poi, una volta rinviato, ci si porta a sinistra sporgendosi in totale esposizione e risalendo gli ultimi metri della seconda cuspide. A parte l'impressione che può produrre il vuoto alle spalle, la salita non presenta particolari difficoltà (alcune relazioni gradano V°, secondo me è un IV°+ in quanto c'è tutto sia per le mani che per i piedi.) Superato il muro verticale ed esposto si arriva in cima alla seconda cuspide. Qui l'esposizione è totale ed impressionanate, ma c'è un salvifico spit al quale rinviare (alcune relazioni consigliano di sostare su questo ancoraggio spezzando in tal modo questo tiro in due parti. Consiglio di usare lo spit solo per rinviare). Da qui si segue la cresta, dapprima in leggera discesa e poi in risalita. Il passaggio dal terrazzo sommitale della cuspide alla cresta comporta un movimento innaturale del corpo che deve essere letteralmente appeso nel vuoto sul versante orientale. Nel primo tratto di cresta le mani sono ottime, invece i piedi sono molto precari (quasi inesistenti, ma il mio giudizio lascia il tempo che trova vista la mia difficoltà ad usare i piedi.) Proseguendo, i piedi migliorano e gli appigli per le mani rimangono sempre molto buoni. Si sosta sul primo spit che si trova. Lungo la cresta sarebbe opportuno cercare di integrare, soprattutto pensando  alla progressione del secondo di cordata. Purtroppo, l'unica possibilità di proteggere è rappresentata dai cordini che però devono essere strozzati, altrimenti se ne vanno. Sinceramente non ho neppure provato ad integrare, il mio unico pensiero, su questo passaggio, è stato di  uscirne il più velocemente possibile e, auspicabilmente, indenne. Occorre che esprima una nota meritoria nei confronti di Clara che ha superato questo tiro in maniera brillante (come si suol dire, ad occhi chiusi...) Infatti qui, come su tutte le creste, non c'è differenza alcuna tra le difficoltà che devono essere superate dal primo e dal secondo di cordata. Brava Clara!!!
Clara sulla cima della seconda cuspide. Le difficoltà devono ancora iniziare.


Ottavo Tiro: Galvanizzati dallo spettacolare tiro appena fatto, si prosegue in direzione orientale, dapprima seguendo delle evideni fessure e successivamente affrontando una placca appoggiata e fessurata, ma un po' esposta. Si sosta su spit. Questo tiro non presenta particolari difficoltà e la placca è sicuramente più fotogenica che impegnativa.

La bella placca dell'ottavo tiro.

Nono Tiro: Si prosegue l'arrampicata su percorso logico, seguendo una larga cengia che conduce su un comodo spiazzo ove si trova lo spit di sosta. Il tiro è piuttosto lungo (50 m.) e offre ottime possibilità di protezione.
L'evidente cengia larga che caratterizza la nona lunghezza.

Clara impegnata nell'ultimo tratto del tiro.

Decimo Tiro: Si prosegue in arrampicata seguendo un canale\rampa caratterizzato da diverse fessure. Siamo praticamente sotto la vetta della Sertori e la direzione da seguire conduce verso E-NE. Poco sopra la sosta c'è uno spit (da utilizzare per il rinvio non per la sosta). Alcune relazioni gradano questa lunghezza III°, altre invece IV°+. Credo sia più attinente al vero una gradazione sul IV° superiore, infatti ho trovato alcuni passaggi delicati e anche Clara mi ha confermato l'impressione ricevuta. Sicuramente il tiro non oppone passaggi impossibili, ma secondo me è meglio non sottovalutarlo. Si sosta al termine della rampa, poco prima dell'inizio della parete verticale ed esposta che conduce in vetta.
La rampa del decimo tiro.

Undicesimo Tiro: Dalla sosta si prosegue verso la vetta della Sertori. Ci si deve portare a sinistra sulla parete esposta. Il passaggio che porta in piena parete (e quindi esposizione) è duretto, ma c'è la presenza di un chiodo con cordino annesso che permette di azzerare (sinceramente dopo dieci tiri e cinque ore in ballo, ho azzerato senza il minimo pentimento.) L'ultimo tratto di arrampicata non è mai banale, ma esteticamente è molto bello e ci sono parecchie possibilità di protezione (anche chiodi). Direi che il tiro è sul IV°. Lungo sui 35 m, conduce su ottima e panoramica sosta su due spit ai piedi della madonnina di vetta. Clara mi raggiunge poco dopo. Massima soddisfazione, anche se ci aspetta una lunga discesa.


L'ultimo tiro. La via, su roccia compatta e bella, segue la direttrice che conduce ai piedi della madonnina di vetta.


Clara sull'ultimo tiro.

Foto di rito sulla Vetta della Sertori (3195 m.)

Discesa: La discesa è molto delicata, soprattutto perchè, dalle relazioni lette e dai racconti sentiti da un alpinista la sera precedente alla Gianetti, sembra che le corde tendano ad incastrarsi. Pertanto le prime doppie le abbiamo fatte da 30 m. Direi che prima di andare sul sicuro e quindi arrischiarsi a fare doppie da 50 m è consigliabile fare 5-6 doppie corte. Noi, dalla cima, ci siamo calati ancorandoci ai due spit di fianco alla madonnina e scendendo in direzione sud-est. Con due doppie da 25-30 si arriva su un terrazzo. In direzione E (ovverso verso il Badile) si nota un ometto, subito dopo si trova l'ancoraggio per la calata successiva.  
L'ometto che, dopo le prime due calate, indica la direzione da seguire per la successiva discesa.

Si prosegue con le calate in doppia. Consiglio di farle corte fino a quando la parete non diventi priva di insidie. Nonostante ciò la corda tende ad incastrarsi, anche a noi è successo, ma districarle è stato abbastanza agevole.
Dopo circa 5 calate si arriva su un vasto pianoro ghiaioso. Ci si accorge subito che c'è ancora uno sbalzo da superare. Da qui si procede (slegati) in discesa in direzione dell'attacco della Sertori, dopo alcuni metri, sulla destra, dietro un grosso masso si trovano dei vecchi cordini su cui fare l'ultima doppia. Non sono facilmente indviduabili questi cordini di calata, quindi consiglio di prestare molta attenzione. Dall'ultima doppia,in mezz'ora si arriva al rifugio per la meritata birra!

Considerazioni finali: La via si sviluppa in ambiente selvaggio e spettacolare. I panorami che offre sono indimenticabile e mozzafiato. Certamente non si tratta di una via banale, neppure l'avvicinamento (che richiede due giorni oppure 4 ore) e nemmeno trovare l'attacco è così immediato (soprattutto se non si dispone di una relazione dettagliata). Per quanto attiene le difficoltà tecniche si può dire che è una arrampicata che oppone passaggi max di IV°+, ciò nonostante è intrisa di tutte le difficoltà di una via in ambiente (assenza di chiodi, difficoltà a trovare la via, necessaria conoscenza di tutte le tecniche di protezione, ecc.) Quindi una via lunga ed impegnativa di grandissima soddisfazione. Il passaggio più duro (quello che conduce sulla seconda cuspide) pur essendo piuttosto delicato, è ben protetto (anche se alcuni nostri amici contestano la presenza dello spit che, secondo loro, toglie quel sapore pionieristco alla scalata). Direi che una via di questo tipo può tranquillamente essere motivo di orgoglio, soprattutto se chi l'ha brillantemente superata ha da poco concluso il corso di alpinismo (leggasi Clara....)
Il Badile fotografato dalla cima della Sertori.